
Una
bottiglia di vino. Quante volte usiamo questa frase e diamo per scontato che il
vino sia contenuto in un recipiente in vetro. Ma nel corso della storia non è
sempre stato così e anche di bottiglia non ce n’é una sola, anzi.

Fin
dall’antichità si è posto il problema della conservazione e del trasporto del
vino. Nella zona caucasica è rimasta fino ai giorni nostri
l’antica testimonianza dell’uso delle anfore, che sono state poi protagoniste
della storia del vino per molti secoli. Nel VII secolo a.C., quando i greci
cominciarono la loro espansione nel mar Egeo e poi nel Mediterraneo, i
contenitori utilizzati per il vino erano ancora anfore di terracotta. Per il trasporto
via mare, questi recipienti erano perfetti perchè potevano essere stivati nelle navi su un
fondo di sabbia che ne garantiva la stabilità. Anche in epoca romana, anfore e
orci in terracotta erano i contenitori più usati per il vino. Dobbiamo anche
tener conto, che la bevanda era consumata sfusa e i grandi recipienti rispondevano
anche all’uso sociale del tempo.
Con
l’espansione nei territori della Gallia, gli antichi Romani vennero in contatto
con popolazioni abituate a lavorare il legno delle grandi foreste. Sono i
maestri d’ascia Celti a inventare un metodo per costruire recipienti in legno a
tenuta stagna. Nasce così la botte, che rispetto alle anfore garantiva una
grande praticità di trasporto anche via terra.
Ma
il vetro? In realtà i primi manufatti in pasta di vetro risalgono alle civiltà
mesopotamiche ed egiziane, ma si tratta di oggetti ornamentali o piccole ampolle,
fabbricate con la complessa tecnica nel nucleo friabile. Verso la fine del I
secolo a.C. venne introdotta la tecnica del vetro soffiato, ma per molto tempo
i contenitori in vetro restarono confinati in preziosi corredi privati. Anche
nei secoli successivi, con la diffusione dei manufatti in vetro a livello
popolare, il vino continuò a essere conservato in anfore o botti. Le bottiglie
venivano utilizzate solo per il servizio delle bevande sulle tavole più
prestigiose, ma l’uso comune era quello di servire il vino in caraffe di
terracotta. Le prime bottiglie erano delicate e avevano una forma panciuta e
tondeggiante, piuttosto tozza e con colli corti.
Per la diffusione della
bottiglia, bisognerà aspettare fino al XVII secolo, quando in Inghilterra migliorarono
le tecniche produttive del vetro, che cominciò a essere disponibile in grande quantità.
Una legge del 1615 di Re Giacomo I, che proibiva l’uso del legno nelle vetrerie
per evitare il disboscamento, diffuse l’uso del carbone fossile come nuovo
combustibile. In questo modo la fusione della silice avveniva a temperature più
alte e il vetro risultava molto più resistente, tanto da sopportare anche le alte pressioni dello champagne. L’utilizzo
delle bottiglie in vetro si diffuse rapidamente in Francia, soprattutto nella
zona della Champagne, della Borgogna e di Bordeaux. Risalgono a questo periodo
le prime bottiglie con forme molto simili a quelle attuali: la bordolese, la borgognotta e la champagnotta.
All’inizio del Settecento nasce in Piemonte la bottiglia albeisa, e sul finire del secolo, in Germania viene introdotta la
bottiglia renana, sottile e
slanciata.
Per la vera industrializzazione e produzione meccanizzata delle
bottiglie in vetro bisognerà attendere fino alla fine del 1800.E’ in questo
periodo che i mutamenti sociali cominciamo anche a modificare le abitudini di
consumo del vino. Dalle osterie e locali di vendita di vino sfuso, si passa progressivamente
al consumo privato di vino in bottiglia.
La forma delle bottiglie moderne,
tiene conto per la prima volta della necessità di ottimizzare gli spazi di
stoccaggio e la praticità di trasporto, che fa preferire forme regolari e allungate.
Conservare le bottiglie coricate, era essenziale per tenere bagnato il tappo in
sughero ed evitare l’ossidazione del vino. La forma concava della base delle
bottiglie nasce invece per ragioni produttive, al tempo in cui le bottiglie
erano fatte a mano, ma diventa ben presto un elemento importante per raccogliere
il deposito dei sedimenti del vino, soprattutto rosso. Sempre per evitare di
versare i depositi del vino, nasce la forma della bottiglia bordolese, proprio nella patria dei
grandi rossi di Francia. Con il suo corpo cilindrico e la spalla molto
accentuata, la bottiglia bordolese è
perfetta per trattenere i residui del vino al momento della mescita. Dobbiamo
tener conto che le tecniche di cantina dell’epoca non erano certo cosi
raffinate come quelle odierne e la presenza di depositi nelle bottiglie era la
normalità. Per i vini rossi serviva una bottiglia capace di trattenerli, senza
farli arrivare nel bicchiere. Il fondo concavo e una spalla importante rispondevano
perfettamente a questa necessità. La forma della bottiglia bordolese, nata per l’esigenza dei vini rossi, si è poi diffusa per
tutti i vini del territorio. Nel corso del tempo, si è affermato l’uso della bordolese a spalla alta per i vini di
maggior importanza e pregio. E’ leggermente più alta e slanciata, con la base
più stretta delle spalle.
In Borgogna, invece, si è affermata una bottiglia con
spalle meno accentuate, proprio per la minor necessità di far fronte al
problema dei sedimenti. La borgognotta
nasce fondamentalmente per i vini bianchi e anche per i rossi a base di pinot
nero, un vino con meno struttura e quindi con meno problematiche di depositi
rispetto a corposi e densi rossi di Bordeaux.
Molto simile alla borgognotta è la bottiglia albeisa, utilizzata nelle Langhe
soprattutto per il Barolo e il Barbaresco. La champagnotta, ha una forma simile alla borgognotta, ma è realizzata
con un vetro più spesso e fondo concavo molto pronunciato, per resistere alla
pressione dello champagne (oltre 6 bar). E’ ormai diventata la bottiglia
universale per tutti i tipi di spumante, anche se molte Maison utilizzano
bottiglie con forme speciali, più panciute, per le cuvée millesimate o le riserve.
Le bottiglie renana e alsaziana, sono lunghe e sottili, senza
spalle e spesso con fondo piatto. La loro forma è nata per imbottigliare esclusivamente
vini bianchi senza troppe problematiche di depositi. Ci sono poi alcune
bottiglie utilizzate per vini particolari: la bottiglia ad anfora, tipica della provenza, la pulcianella, bassa e bombata, oggi utilizzata per i passiti di
greco di bianco, in Portogallo e nella zona dell’Armagnac. Molto simile alla
pulcianella la bocksbeutel utilizzata solo in Franconia. La bottiglia marsalese, con le spalle molto pronunciate e la bottiglia usata per
il Porto o i vini di Jerez, leggermente più bassa della marsalese ma di forma molto simile.
Infine, un posto particolare
merita il fiasco, anche se ormai in disuso. Dal corpo sferico, rivestito di
paglia intrecciata, è stato per decenni il simbolo del vino Chianti e in
generale l’icona del vino italiano, nonché sinonimo popolare di “bottiglia di
vino”.
Un’ultima notazione generale sul colore del vetro. Il vetro colorato
viene utilizzato come protezione dalla luce. Per i vini bianchi giovani e i
rosati si usa quasi sempre il vetro trasparente e per i bianchi da
invecchiamento vetri verdi o ambrati. In Alsazia e Mosella, anche per i bianchi,
si preferisce comunque l’uso del colore verde o ambrato, così come abitualmente
in Borgogna. Il vetro verde è usato per
i rossi giovani e quello marrone scuro per i rossi da lungo invecchiamento.
Quanto
al formato, le bottiglie standard, per legge hanno la capienza di 0,750 litri,
ma sono usate misure più piccole, soprattutto per i passiti, o multipli di 0,750l
per gli spumanti.