
C’è sempre una certa diffidenza snobistica nei confronti dei vini Rosé, come se non
avessero le stessa dignità, valore, identità dei bianchi e dei rossi.

Un atteggiamento ingiustificato che sembra appartenere a chi vede solo il bianco e il nero, senza godere di tutte le sfumature intermedie, spesso più affascinanti. È un atteggiamento anche molto italiano, di chi non è abituato a frequentare spesso questa tipologia di vini, che invece in Francia ha una lunga storia alle spalle, di antiche e nobili
tradizioni. Se pensiamo soprattutto alla zona del basso Rodano e Provenza, troviamo una vasta produzione di vini rosé di grande qualità.
Particolarmente famosa l’Appellation Tavel, un AOC che per disciplinare produce solante vini Rosé. Il vitigno principale della zona è la grenache noir, ma vengono utilizzati in blend anche: cinsault, bourboulenc, clairette, mourvèdre, picpoul, syrah, più raramente il carignan e il calitor noir. Anche nell’AOC Lirac, che si trova pochi chilometri a nord di Tavel si producono principalmente Rosé con gli stessi vitigni.
La viticoltura nel basso Rodano ha origini antichissime, che risalgono alla fondazione di Marsiglia da parte dei Focesi nel V secolo a.C. Già al tempo degli antichi Romani l’antica
Tavel era conosciuta per i suoi vini, testimoniata da molti ritrovamenti archeologici di anfore vinarie sul suo territorio. Ma la fama dei suoi Rosé si deve soprattutto alla Corte dei Papi d’Avignone, grandi estimatori dei vini di Tavel e Lirac.
Altra regione in cui si producono buoni rosati è la Valle della Loira, soprattutto nelle zone di Anjou, Saumur e Touraine.
Ma anche senza scomodare Papi e Castelli, basta fare un giro in Costa Azzurra per notare quanto sia diffusa e articolata l’offerta di vini Rosè, così come ampia è la produzione degli Champagne Rosé, molto apprezzata in patria.

E in Italia? Da noi la tradizione è più recente, ma prima di addentrarci nei
territori italiani più vocati per la produzione di vini rosati vediamo come si
produce un Rosè.
Innanzi tutto chiariamo che è vietato produrre vini Rosé miscelando vini rossi e vini
bianchi, l’unica eccezione riguarda le cuvée degli Champagne. La base di partenza sono uve a bacca rossa, possibilmente con un buon corredo aromatico e buona acidità, per dare poi profumi e piacevole freschezza al vino.
Se si vuole ottenere un rosato dal colore scarico, appena accennato, si può procedere
semplicemente a una vinificazione in bianco delle uve rosse. Durante la fase della pressatura il mosto si colorerà leggermente per il contatto con le bucce. Si procede poi alla fermentazione tradizionale. Il vino avrà un colore rosa pallido, con estrazione di colore e tannini veramente minima. Avrà caratteristiche molto simili a un bianco di buon
corpo e struttura (vin gris).
Se invece vogliamo un Rosé con più colore e corpo dobbiamo ricorrere alla macerazione. Dopo la pigiatura soffice, il mosto non viene separato dalle bucce e si procede a una macerazione prefermentativa, che generalmente dura da 3-4 ore a 20-24 ore a seconda dalla capacità colorante delle bucce e dal tono di rosa che si vuole ottenere, da un colore tenue a un cerasuolo ciliegia intenso. Al termine della macerazione, il mosto viene separato dalle bucce e avviato alla vinificazione in bianco. Oggi viene spesso utilizzata la tecnica della criomacerazione prefermentativa, avvalendosi dell’azione del freddo per estrarre il massimo delle sostanze aromatiche. Le
basse temperature (5 °C) provocano la rottura delle membrane cellulari facilitando la massima estrazione di aromi e profumi.
Un’altra tecnica per produrre vini rosati è il metodo saignée o del salasso. In questo
caso, viene prelevato del mosto dalle vasche di macerazione dei vini rossi, per poi procedere alla vinificazione in bianco. Consente di ottenere rosati anche di buon corpo e rossi più concentrati.
In linea di massima, i vini Rosé sono fermentati e successivamente affinati in contenitori d’acciaio, per preservare la fragranza di profumi e la freschezza. Sono vini che danno il meglio nei primi anni di vita, quando le note floreali e fruttate del bouquet preservano tutta la loro intensità aromatica.
A tavola si fanno apprezzare per la loro duttilità a livello di abbinamenti. Dai rosati freschi e delicati dell’Alto Adige, ai tradizionali chiaretti del Garda, ai profumati rosati salentini prodotti con negramaro, al più strutturato e intenso Cerasuolo d’Abruzzo, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Anche perché, da alcuni anni la produzione di vini rosati è aumentata in Italia e quasi in tutte le regioni si trovano vini interessanti e di buona qualità. Senza contare il fascino di Champagne e Metodo Classico Rosé, lo spumante gastronomico per eccellenza, che in Francia è molto stimato dagli intenditori e in Italia poco considerato.

I vini rosati offrono una gamma di sfumature molto ampia che può accompagnare numerosi piatti e offrire valide alternative sia a bianchi più strutturati che a rossi giovani e fragranti. Pensiamo agli abbinamenti con salumi, paste e primi piatti in genere, pesci importanti, guazzetti, brodetti, zuppe di pesce e perché no con la pizza. Forse proprio questa versatilità è il punto di forza, ma allo stesso tempo anche il punto debole dei Rosé, che possono apparire ai più come vini senza un’identità precisa. In realtà bisogna cominciare a esplorare questo mondo per conoscerlo apprezzarne le differenze e scoprire che può offrire le stesse emozioni gustative dei rossi e dei bianchi.