Quali sono i vini bianchi più famosi?

Il vino fa parte della storia e della cultura dell’uomo da tempi lontani, sin da quando la vite è stata addomesticata per la prima volta.

Produrre vino è un’attività che nel tempo si è evoluta fino a diventare molto più che un semplice mestiere, è un’ arte.

Per garantire un’identità specifica al vino è stato necessario stilare delle regole e delle linee guida. Sono nati così i disciplinari di produzione. Sono una sorta di documento d’identità del vino, in cui vengono indicati i parametri da seguire per la produzione, a partire dal suolo della vigna fino ad arrivare alla chiusura della bottiglia, per garantirne l’autenticità dell’origine e la buona qualità.

Per far sì che un prodotto ottenga le menzioni specifiche IGT, DOC e DOCG, la domanda deve essere rivolta alla Commissione UE da un gruppo di soggetti legittimati, rispettando le procedure previste dal regolamento europeo.

Ad oggi in Italia le DOCG totali sono 76 e le DOC 331. Naturalmente le denominazioni in comune tra più regioni sono conteggiate una sola volta. Questo numero è in costante monitoraggio e aggiornamento, poiché sono molte le nuove entrate nel palinsesto e le denominazioni che nel tempo hanno ottenuto il riconoscimento successivo.

La grande diversità di varietà autoctone, utilizzate per realizzare vini di qualità, ha fatto sì che si venisse a delineare una vera e propria mappa del vino italiano attraverso le numerose denominazioni di qualità. Queste sono collocate in tutto il Paese, da nord a sud, e in particolare in alcuni territori ad altissima vocazione vitivinicola, che danno vita ad alcuni dei vini italiani più famosi al mondo.

Andiamo quindi a scoprire alcune delle varietà autoctone italiane più interessanti dalle quali si ottengono bianchi famosi e apprezzati in tutto il mondo. In particolare entriamo nel dettaglio di quelle che sono alcune tra le migliori zone del vino bianco italiano.

Quello che vorrei riuscire a trasmettervi è una storia, un racconto, fatto di persone, sensazioni e luoghi diversi, che solo l’eccellenza dei prodotti italiani sa regalare.

Lugana

Il Lugana può essere definito come il più grande vino bianco della Lombardia.

Nasce da uve di Trebbiano di Soave, definito anche Trebbiano di Lugana o Turbiana, in una pianura fertile a sud del Lago di Garda, tra le colline che circondano Desenzano, Sirmione e, in Veneto, Peschiera.

Si parla di un vitigno straordinario, che beneficia di un clima piacevole e benevolo. Questo luogo, un tempo completamente inospitale in quanto coperto da boschi e acquitrini, oggi invece, si presenta come una terra ariosa e accogliente.

Il Lugana è un vino che offre alla vista uno spettro dal verdolino al dorato. Al naso rivela profumi vigorosi, netti, tra la mandorla e l’agrume. Spesso piacevolmente minerale, conserva sempre una freschezza e una classe eccezionali, capace di vincere la sfida del tempo.

Il Lugana DOC è disponibile in commercio anche nelle versioni Superiore, Riserva, Vendemmia Tardiva e Spumante.

Quello d’annata, nella versione “base”,  è il motore produttivo di tutta la denominazione.

Invece, il Lugana Superiore svolge un affinamento di almeno un anno a partire dalla vendemmia. Per questo motivo il suo profilo sensoriale si presenta più complesso rispetto alla versione base. Il colore ha riflessi più dorati, i profumi sono più stratificati e intensi.

Il Lugana Riserva è la naturale evoluzione della tipologia Superiore: deve invecchiare o affinare per almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia.

Infine, il Lugana Vendemmia Tardiva è ottenuto invece con una surmaturazione in pianta, attraverso una raccolta tardiva delle uve tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Queste uve più ricche e concentrate conferiscono al Lugana un profilo tendenzialmente “tardivo”, quindi più morbido e denso, ma non eccessivamente dolce, perché il residuo zuccherino viene efficacemente bilanciato dall’acidità.

La versione Spumante, presente nel disciplinare di produzione a partire dal 1975, rappresenta invece una tradizione consolidata. Il Lugana DOC in versione spumante è prodotto sia con Metodo Charmat che da Metodo Classico.

Soave

La zona di produzione del Soave ha il proprio epicentro all’estremità orientale dei Colli Lessini della provincia di Verona.

Il Soave, tra i più grandi bianchi italiani, è il tipico vino vulcanico settentrionale. Il territorio di cui parliamo è ricco di colline che nascondono crateri spenti e un suolo vulcanico inframmezzato da componenti calcaree, alluvionali, sabbiose e basaltiche. La Garganega possiede un ventaglio di profumi interessante che oscilla con eleganza e decisione dal fiore bianco alla mandorla, talvolta con una spiccata vena acida. Tutti questi sono elementi che donano al vino un’eccellente persistenza e una sensazionale longevità. Si parla di un vitigno tardivo, la Garganega è caratterizzata da acidità e da un eccellente equilibrio fra struttura e morbidezza.

Sono antichissime le testimonianze in nostro possesso relative alla coltura della vite nella zona di Soave. Inoltre, è grande la fama di questo vino fin dai tempi più remoti. Probabilmente seguendo l’esempio degli Etruschi, i Veneti e i Celti diedero inizio alla coltura della vite e allo stesso tempo alla produzione del vino.

I vini prodotti nella DOC Soave sono: Soave DOC, Soave Classico DOC, Soave Superiore DOCG, Recioto di Soave DOCG.

Il Friuli: Ribolla e Friulano

Il Friuli è una regione considerata bianchista per eccellenza; infatti, sono proprio i bianchi a rappresentare il fiore all’occhiello del vino friulano.

Vitigno classico autoctono, ognuno ricorderà quando il Friulano era chiamato Tocai, che non era altro che l’abbreviazione usata per Tocai Friulano, nonostante la sua origine non avesse nulla a che fare con l’Ungheria e il celebre vino dolce Tokaji. Parliamo di un vino fresco e con note di mandorla nel finale, il friulano è capace di un’evoluzione importante. Assume, infatti, un profilo minerale complesso, con note di idrocarburo e pietra focaia.

L’altro storico autoctono bianco del Friuli è la Ribolla Gialla, fondamentale protagonista dell’identità vinicola della regione. Si colloca sulle colline ventilate delle zone del Collio Goriziano e dei Colli Orientali. Nel XII secolo, quando il Friuli era un importante fornitore di vini della Repubblica di Venezia, questa varietà godeva già di una grande popolarità sotto il nome di Rabiola del Collio. Lo sapevate?

È base di bianchi sapidi, floreali e di buona struttura. La Ribolla si esprime in modo eccellente anche in versione orange, avendo buccia solida e ricca di polifenoli.

Verdicchio

Il Verdicchio è sicuramente uno dei più grandi vitigni italiani a bacca bianca. Il suo nome non deriva altro che dal colore delle sue stesse bacche.

Lo troviamo ubicato soprattutto nella zona delle Marche. Le principali zone di coltivazione del Verdicchio sono quella dei Castelli di Jesi, in provincia di Ancona, e quella di Matelica in provincia di Macerata, ma il 90% della produzione si concentra nelle colline intorno a Jesi.

Questo importante vitigno si colloca al vertice della vitivinicoltura internazionale in bianco per versatilità e personalità, data dall’estrema territorialità che costituisce il punto di forza del Verdicchio.

Il Verdicchio e le Marche sono parte di una combinazione perfetta.

Qui il Verdicchio ha trovato un habitat unico, un clima mediterraneo ma già mitigato dalle correnti fresche dell’interno, con terreni ricchi di depositi minerali che danno alle uve importante struttura. Un vino altamente longevo, Il Verdicchio in grado di superare i 20 anni. Sia la DOC Castelli di Jesi Verdicchio che Matelica Verdicchio ottengono il riconoscimento della DOCG nella versione Riserva.

Fiano di Avellino

Il fiano è un vitigno di antichissime origini. Probabilmente è originario della zona di Lapio, in Irpinia e si tratta di un’uva italica preromana, coltivata dai Latini in Italia meridionale. Oggi questo vitigno è molto diffuso non solo nel suo territorio di origine (nord di Avellino che si estende fino alla provincia di Benevento), ma in varie zone, come Campania e Puglia.

Il Fiano di Avellino è una delle uve bianche più significative del nostro Paese, soprattutto per mineralità senza pari, che si traduce al contempo in note di pietra focaia e polvere da sparo nelle versioni di eccellenza. Uva caratterizzata da grande longevità è sicuramente la più significativa del Sud Italia. Il Fiano di Avellino può fregiarsi del marchio DOCG.

Etna

La storia dei vitigni autoctoni dell’Etna fondano le loro lontane radici nei secoli se non, addirittura, nei millenni. Parliamo di vitigni che ancora oggi vengono coltivati applicando le tradizioni di un tempo, estrapolando dalla modernità solo quanto strettamente necessario.

Il Carricante è l’uva bianca tipica dell’Etna. Da sempre viene coltivata sugli antichi terrazzamenti del vulcano alle altitudini e alle esposizioni, specie lungo il versante sud e orientale. Il clima rigido e le notevoli escursioni termiche giornaliere si incontrano sul versante orientale, conferendo al vino profumi e aromi pungenti.

L’Etna bianco DOC è composto per almeno il 60 % da uve Carricante. A questo si aggiunge il Catarratto, l’uva bianca più diffusa della Sicilia e altri vitigni presenti in quantità minori, tra cui il Trebbiano e la Minnella. Caratterizzato da un colore giallo paglierino scarico, al naso è elegante, mentre al palato esprime acidità e una tesissima sapidità vulcanica, con ritorni minerali di pietra focaia.

Oggi vi ho voluto raccontare di quelle che sono le migliori e più famose zone del vino bianco italiano, da nord a sud. Un viaggio interessante che sicuramente approfondiremo maggiormente anche in futuro. Ricordatevi che la conoscenza del vino non si basa solo sulla degustazione, ma passa anche attraverso la storia, i luoghi, e i vitigni grazie ai quali prendono vita le nostre eccellenze italiane.

Luca Gardini

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