Vini italiani: possono competere con i francesi?

Italia e Francia: le due patrie europee della viticoltura. Da sempre si disputano il primato assoluto, con un confronto divenuto negli ultimi anni sempre più acceso e che non sembra trovare una risposta definitiva. Due nazioni che da secoli sono i territori prediletti per la coltivazione del vino e per la loro esportazione.

È interessante constatare come il mercato del vino italiano stia resistendo molto bene da diversi anni, nonostante la crisi del settore. Le vendite dei vini francesi, invece, appaiono in calo, rispetto a quelle nostrane, specialmente verso gli Stati Uniti.

E allora come mai i vini francesi, al di là delle mode, vengono spesso valutati come più pregiati? Vi state chiedendo il motivo?

Dipende dalla storia della viticoltura quando le produzioni industriali e gli studi sul vino hanno dato ai vini francesi un vantaggio su quelli italiani. Questo ha imposto standard qualitativi sempre più elevati in tempi in cui in Italia le produzioni di vino erano perlopiù ad uso e consumo locale e di profilo medio-basso. Ma anche in questo senso, il vento sta cambiando.

Il comune denominatore

È vero, sono tante le differenze tra questi due territori, a partire dalla cultura enologica che si è affermata e sviluppata in modo differente.

Da secoli però l’amore per il vino fa parte della cultura di queste due nazioni in senso più ampio. Francia e Italia hanno infatti molto in comune quando si parla di vino.

La passione con cui si lavora la vigna è la stessa in Italia come in Francia. Si parla di paesi in cui la cultura enologica proviene da una tradizione lontana, una dedizione che si tramanda di generazione in generazione, volto a rendere ogni vigneto la fonte di vini eccellenti.

La cultura del cru e del terroir (aree delimitate caratterizzate dalla loro storia vitivinicola e da particolari caratteristiche geologiche) è tipica della tradizione francese. Sulle etichette dei vini nazionali, troviamo (oltre alle caratteristiche denominazioni IGT, DOC e DOCG, che corrispondono alle AOC francesi) menzioni più specifiche, come avviene ad esempio con le MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva) dei vini Barolo DOCG, o all’indicazione di una sottozona, di un vigneto, o di una piccola parcella di terreno.

Il concetto comune è appunto quello della parcellizzazione. È l’identificazione di micro-aree ad altissima vocazione enoica, destinate a produrre vini dalla qualità superlativa, all’interno di una produzione già considerata di eccellenza.

Il tradizionalismo francese e il dinamismo italiano

I vini francesi si discostano dai vini italiani per un’attenzione nata già all’inizio del Novecento. Nello specifico si parla di alcune tecniche di produzione che hanno portato a coltivazioni e imbottigliamenti di altissima qualità.

Pensiamo allo Champagne, il vino francese più raffinato e più conosciuto al mondo. Un prodotto pregiato che dalle sperimentazioni di Dom Pierre Pérignon, alla fine del XVII secolo, è arrivato a livelli eccelsi negli ultimi decenni, imponendosi come vino di pregio.

Non dimentichiamo poi gli amatissimi vini di Bordeaux. Eccellenti rossi che si ottengono partendo dall’impiego dei vitigni Cabernet franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e, in percentuali inferiori, di Malbec e Petit Verdot. Nel 1855, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi, venne redatta la classificazione ufficiale dei vini di Bordeaux, in funzione della reputazione degli châteaux e del loro costo di produzione dei vini stessi, che all’epoca era considerato direttamente proporzionale alla qualità.

I vini furono classificati in ordine di importanza dal primo al quinto cru. Dal 1855 a oggi sono state apportate unicamente due modifiche alla classificazione. Nel 1856 il Cantemerle fu aggiunto al quinto cru, dal quale venne inizialmente escluso, mentre nel 1973 lo Château Mouton Rothschild ottenne di passare dal secondo al primo cru. Solo due modifiche in quasi 170 anni, questo la dice lunga su quanto i francesi siano ancorati alle proprie tradizioni.

La produzione di vino francese è frutto di una lunga storia e fatica a divenire dinamica. É incentrata soprattutto su prodotti altamente richiesti e sempre molto fedeli a loro stessi. I vini italiani, al contrario, nel corso del tempo hanno saputo affermarsi o reinventarsi, partendo da una ricchezza di varietà di uve autoctone unica al mondo e con il preciso intento di valorizzare la produzione vitivinicola di ogni singola regione italiana, puntando sulla tipicità, sull’identità e sulla versatilità.

Produttori a confronto

Vini Francesi

La produzione di vino francese si focalizza essenzialmente su alcuni dei vini di maggior qualità. Ne sono esempio, il celeberrimo Champagne, prodotto nell’omonima regione, oppure l’eccezionale Bordeaux, realizzato nei pressi della città di Bordeaux. O ancora gli straordinari Bourgogne, in versione rouge prodotto da uve Pinot Noir e blanc da uve Chardonnay, sono tra i vini più prestigiosi e costosi al mondo.

Ci sono poi i bianchi della Valle della Loira, prodotti con uve di Sauvignon Blanc e Chenin Blanc. I profumatissimi e fruttati vini dell’Alsazia, a base di Riesling, Sylvaner e Gewürztraminer, e i potenti rossi della Valle del Rodano, prodotti da uve Syrah e Grenache, oltre agli intensi bianchi realizzati nella stessa regione da uve Viognier. Si aggiungono alla lista la Provenza, nota per i suoi vini rosati, la Languedoc-Roussillon e la Corsica.

Queste sono le regioni vitivinicole principali. Le stesse da secoli, fedeli ai propri “must” e protocolli, ma sempre in grado di tirar fuori il meglio da ogni annata. I principali vitigni utilizzati in Francia sono una circa 210, per produrre più o meno 3.000 vini diversi su 840.000 ettari vitati.

Vini Italiani

L’Italia è un paese che relativamente alla produzione di vino è più aperto alla sperimentazione e più disposto a concentrarsi sulla lavorazione di vini meno complessi, ma che possono soddisfare meglio le differenti esigenze del mercato.

Ognuna delle 20 regioni d’Italia vanta una ricca produzione vitivinicola e un’altrettanto ricca varietà di vitigni. Sono 540 le varietà italiane utilizzate per produrre circa 4.000 tipologie distinte di vini, su una superficie di circa 600.000 ettari vitati.

Si producono più tipologie di vini su una superficie vitata inferiore. Questo è grazie alla ricchezza di varietà autoctone che il nostro Paese vanta, frutto di secoli di tradizioni contadine che prevedevano l’utilizzo di uve locali per produrre vini adatti ad accostarsi ai prodotti e alle preparazioni gastronomiche regionali.

Per esempio, in Valle d’Aosta la fonduta si abbina bene con i vini bianchi a base di Petite Arvine. In Piemonte il Nebbiolo si abbina perfettamente con il tartufo d’Alba e in Emilia i tortellini con il Lambrusco. Invece, in Toscana, la carne di razza Chianina si abbina perfettamente con il Sangiovese. La capra del Molise con il Tintilia, l’agnello alla pignata della Basilicata con l’Aglianico del Vulture e avanti così all’infinito tracciando percorsi eno-gastronomici che attraversano tutto lo Stivale in ogni direzione, isole comprese, naturalmente.

La promozione del vino

In quanto ad attività di promozione del vino e del territorio i cugini francesi non temono rivali.

Forti dell’orgoglio che lega il loro popolo alle antiche tradizioni enoiche, i francesi non perdono occasione per rivendicare il proprio primato. Hanno anche la capacità e il merito di saper “brandizzare”, creando marchi dall’identità territoriale granitica, risultato di un legame indissolubile tra il vino, la terra e la storia.

La capacità di “fare brand” non è prerogativa esclusiva del popolo francese. Anche in Italia, tracciando i confini di antiche regioni del vino, abbiamo saputo creare denominazioni di grandi successo e vini iconici. Ne sono esempio il Barolo DOCG, il Brunello di Montalcino DOCG, il Chianti Classico DOCG e molti altri.

In Italia le carte dei vini vengono stilate con una filosofia e con una logica studiate in funzione dell’accostamento con il cibo e allo scopo di promuovere e valorizzare il territorio circostante e i vitigni autoctoni. In Italia, insomma, più che alla creazione di brand iconici si punta sulla valorizzazione delle tradizioni eno-gastronomiche, sulla varietà e sulla versatilità delle proposte enologiche.

I prezzi del vino

Il nostro paese, l’Italia, vanta un grosso vantaggio dal punto di vista del prezzo. I vini francesi a parità di qualità sono mediamente più costosi rispetto ai vini italiani, in particolare se ci concentriamo sul segmento delle bollicine.

Ma perché allora molto spesso nelle nostre carte dei vini troviamo valorizzate etichette francesi a scapito delle etichette nazionali? Questo perché sono numerosi i locali che propongono più Champagne che spumanti Metodo Classico, anche grazie alla crescente proposta di Champagne di piccoli produttori a prezzi contenuti.

Forse l’Italia non vanta lo stesso sentimento di orgoglio e la stessa fiducia che i francesi ripongono nei propri vini.

In diverse zone come l’Alta Langa, il Trentodoc, la Franciacorta, solo per fare alcuni esempi, si trovano spumanti Metodo Classico di indiscutibile pregio, che molti però continuano a considerare qualitativamente inferiori anche al più piccolo degli Champagne. Onestamente è un vero peccato.

In generale sono ancora molte le persone che credono che i vini francesi siano migliori di quelli italiani, ma non è così. Si tratta di un retaggio del passato, che vedeva i vini francesi approdare sui mercati internazionali, amati e stimati da tutti, quando in Italia, salvo poche eccezioni, si producevano perlopiù vini da tavola. Ma da allora l’enologia italiana ha subito una vera e propria rivoluzione, sia in termini di qualità che di progettualità. L’introduzione di tecnologie avanzate, la riduzione delle rese per ettaro, la crescita di investimenti nel settore e la creazione di consorzi a tutela delle denominazioni d’origine ne sono una prova tangibile.

In conclusione, abbiamo parlato di questo eterno scontro tra vini italiani e vini francesi, con la consapevolezza che non per forza è necessario arrivare a decretare un vincitore.

Numerose sono le eccellenze francesi e altrettante quelle italiane. Occorre sicuramente una maggiore informazione e si dovrebbe cercare di  abbandonare i luoghi comuni, spesso provocati dall’eterna incapacità di noi italiani di saper riconoscere e affermare il nostro valore.

Luca Gardini

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