
L’estate si avvicina e con essa la voglia di pasteggiare all’aperto e consumare pietanze leggere, a base di pesce, accompagnate da un vino bianco, fresco e piacevole.
In ogni regione d’Italia si producono eccellenti vini bianchi, fermi, frizzanti oppure spumanti. Ma quali sono le differenze tra un vino bianco fermo o frizzante?
Per poterne comprendere le differenze è fondamentale conoscere i metodi di produzione.

Come si ottengono i Vini Bianchi Fermi
Il processo di produzione dei vini bianchi comincia in vigna. Dal momento che l’acidità è un requisito essenziale, la data della vendemmia tende ad arretrare rispetto ai vini rossi.
Ma le uve devono essere anche perfettamente integre e sane. Occorre quindi, curare particolarmente la raccolta, la cernita e il trasporto, al fine di evitare che le bucce si rompano e diano avvio a una fermentazione incontrollata.
I pigmenti dell’uva sono contenuti quasi interamente nelle bucce, bianche o nere che siano. Dunque, per ottenere un vino bianco è sufficiente eliminare le vinacce prima dell’avvio della fermentazione.
Il principio della vinificazione in bianco, può essere applicato anche alle uve rosse. Infatti, fatta eccezione per rare varietà di uve che hanno polpa rossa e non incolore (uva tintoria) in genere tutte le sostanze coloranti di un vino sono contenute nella buccia. Pertanto rimuovendo le bucce anche da uve rosse otterremo un vino bianco.
Alcuni vitigni a bacca rossa sono adatti alla vinificazione in bianco e ci regalano vini di buona struttura e concentrazione dal profilo aromatico intenso e raffinato. Uno su tutti il Pinot Nero, adatto a produrre i vini base per gli spumanti, ma anche il Sangiovese, vitigno che si presta bene alla realizzazione di interessanti versioni di vini bianchi da uve rosse.
La separazione dalle bucce può avvenire tramite sgrondatura, subito dopo la pigiatura, o meglio ancora con il torchio o la pressa, seguiti dalle consuete pratiche volte a illimpidire il liquido.
Si usa in genere solo la prima torchiatura, perché le torchiature successive apporterebbero troppi tannini al mosto.
La temperatura di fermentazione ideale è intorno ai 18-22 ° C e il processo dura da dieci a venti giorni.
Essendo più poveri di estratti, i vini bianchi sono tendenzialmente più fragili dei rossi. Inoltre, necessitano di una maggiore protezione dall’ossigeno in tutte le fasi della vinificazione. L’utilizzo dell’anidride solforosa serve per la sua azione antisettica e per illimpidire il colore, ma va riservato alle fasi successive alla sgrondatura, per evitare il suo effetto estrattivo sulle bucce.

Come si ottengono i Vini Bianchi Frizzanti
Nei vini frizzanti l’alcol deve essere pari o superiore a 7 gradi svolti e 9 gradi complessivi. Mentre la pressione, misurata alla temperatura di 20 °C, può collocarsi fra 1 e 2,5 atmosfere.
La pressione quindi è il fattore decisivo. Deriva dall’anidride carbonica, la quale a sua volta può essere naturale o artificiale.
Nel primo caso la fermentazione del vino si interrompe quando è stata raggiunta la soglia minima del titolo alcolometrico, ma prima che tutto lo zucchero venga consumato.
Si procede quindi all’imbottigliamento per evitare la dispersione del gas. In questo modo la fermentazione può ricominciare in bottiglia e l’anidride carbonica prodotta dai lieviti resterà racchiusa fino al momento della stappatura. L’aggiunta di lieviti e mostro può avvenire prima dell’imbottigliamento.
L’effervescenza artificiale invece deriva dall’aggiunta di anidride carbonica nel vino tramite saturatori, a temperature basse e pressioni elevate, per favorire la solubilizzazione. Una tecnica sicura, che però dà risultati meno eleganti.
Come si ottengono i Vini Bianchi Spumanti
I vini spumanti si differenziano da quelli frizzanti perché la loro pressione, misurata sempre a 20 °C, è più elevata.
Deve essere pari almeno a 3 atmosfere, di solito 3,5 per gli spumanti di qualità, mentre il titolo alcolometrico minimo effettivo è rispettivamente di 9,5 e 10 gradi, ridotti a 6 per spumanti come come il Moscato d’Asti, che conserva un buon residuo zuccherino.
Anche gli spumanti possono essere naturali o artificiali, a seconda che l’anidride carbonica si sviluppi spontaneamente per rifermentazione o venga addizionata. Fra i naturali, di gran lunga più pregiati, bisogna ulteriormente distinguere fra gli spumanti ottenuti con il Metodo Classico e quelli derivanti dall’italianissimo metodo Charmat.
· Il Metodo Classico
Come ogni vino, lo spumante nasce in vigna.
Qui devono essere vendemmiate uve dotate di buona acidità e spiccati profumi. Per questo motivo la raccolta è tendenzialmente anticipata e seguita da una pigiatura soffice accompagnata da diraspatura.
Dolo la vinificazione è il momento della presa di spuma. Qui interviene lo chef de cave, addizionando al mosto un liquore per la rifermentazione, miscela composta di zucchero, lieviti, e sostanze azotate, che riattiva la fermentazione in bottiglia.
I saccaromiceti iniziano a trasformare lo zucchero comune in saccarosio, producendo 1 atmosfera ogni 4 grammi, in genere se ne inducono 6, immettendo 24 grammi di zucchero.
Segue l’imbottigliamento nelle classiche bottiglie champagnotte, scure e spesse, e la chiusura con provvisorio tappo a corona. Mentre l’anidride carbonica lentamente si accumula nel vino, sui fondi si depositano le nuove fecce, formate dai lieviti esausti, che nell’arco di mesi, talvolta anni, arricchiscono il vino di sostanze aromatiche pregiate.
Queste fecce vengono compattate posizionando le bottiglie inclinate verso il basso, su appositi cavalletti traforati. Viene roteata la base con regolarità nel corso dei mesi, operazione un tempo effettuata a mano, oggi perlopiù meccanicamente.
Tramite sboccatura si espellono le fecce, concentrate nel collo della bottiglia, il quale viene ghiacciato per poterle eliminare in blocco, lasciando limpido il resto del vino.
Le bottiglie vengono rimboccate con lo stesso vino o con liquore di spedizione, una miscela diversa per ogni produttore, che può contenere vino, mosto, distillato di vino e zucchero di canna. Dopo la chiusura con il tappo a fungo, la capsula e la gabbietta, le bottiglie sono pronte per l’invecchiamento.
Sarà proprio la quantità di zucchero del liquore di spedizione a determinare la tipologia di spumante ottenuto.
Gli spumanti si classificano quindi in base al loro residuo zuccherino. I vini Dosaggio Zero o Brut Nature hanno il residuo zuccherino inferiore a 3 g/l. In questo caso lo spumante non ha subito aggiunta di zucchero dopo la presa di spuma.
Nei vini Extra Brut, il residuo zuccherino è compreso tra 0 e 6 g/l, nei Brut invece, è inferiore a 12 g/l. Si passa poi al vino Extra Dry, nel quale il residuo zuccherino è compreso tra 12 e 20 g/l. Invece nel vino Secco o Dry dove è compreso tra 17 e 35 g/l.
Quando il residuo è compreso tra 33 e 50 g/l, si parla di vino Demi-sec o Abboccato. Infine, il vino Dolce ha un residuo zuccherino superiore a 50 g/l.
Il Metodo Charmat
Il metodo Charmat segue un iter diverso, che valorizza gli aromi varietali rispetto a quelli della rifermentazione. L’elemento chiave è l’autoclave, il capace recipiente in acciaio, resistente alla pressione e refrigerato, dove si compie la rifermentazione.
Al termine del processo di vinificazione, si aggiungono al mosto: zucchero, lieviti e sostanze azotate. La miscela raggiunge poi le autoclavi, per una rifermentazione di almeno sessanta giorni.
Seguono un travaso isobarico con filtrazione, finalizzato a eliminare le fecce, e l’imbottigliamento, anch’esso isobarico, per non disperdere pressione e anidride carbonica. Dopo la tappatura, sono sufficienti pochi mesi prima della messa in commercio.
Chi intenda preparare uno spumante dolce può interrompere la fermentazione quando il rapporto fra zuccheri e anidride carbonica è ottimale, raffreddando il vino a -4 °C.
Luca Gardini